Giornate della Formazione Edile 2015. Il ruolo delle costruzioni e la terza rivoluzione industriale: strategie, opportunità e formazione

Un pubblico numeroso e attento ha partecipato alla prima sessione delle Giornate della formazione edile 2015, nella bella e prestigiosa sede della Triennale di Milano. L’evento, organizzato dal Formedil e dal Sistema bilaterale delle costruzioni, con il supporto di Civiltà di Cantiere per la comunicazione, è stato un importante momento di dibattito tra le parti che compongono il Sbc. Sindacati e imprese hanno infatti avuto modo di confrontarsi su questioni come l’interpretazione della fase attuale del mercato (in ripresa, seppur poco “esplosiva”, secondo i dati del Cresme presentati dal direttore Lorenzo Bellicini), l’innovazione tecnologica, le ricadute che questa trasformazione sta avendo sulla filiera e le relazioni industriali. Un confronto franco, nel quale sono state articolate le possibili soluzioni per consolidare la ripresa e guardare al futuro dell’edilizia con maggiore fiducia. La formazione è stata naturalmente un tema centrale, a partire dai dati del Rapporto 2015 del Formedil: 703.919 allievi per le scuole edili tra il 2010 e il 2014, di cui 136.511 cittadini stranieri e 44.619 donne, ancora poche ma in netta crescita. Sono numeri sottolineati, a ragion veduta, dal presidente del Formedil Massimo Calzoni e Dario Laruffa, direttore del Tg2 e moderatore del dibattito, perché evidenziano la crescente importanza della formazione in edilizia, un settore in cui da sempre il mestiere viene appreso “sul campo” e in maniera informale, e che invece ora vede un operatore su due in possesso di una certificazione ottenuta tramite enti di formazione. C’è ancora molta strada da fare, hanno sottolineato tutti gli interventi, a partire dalla necessità di trovare un compromesso tra le esigenze del mercato del lavoro e i tempi lunghi della formazione professionale.


La formazione dunque come pilastro sul quale “costruire”, letteralmente, il Paese di domani. Un’Italia che uscirà dalla crisi degli ultimi anni sicuramente con un’offerta ridimensionata, ma assai probabilmente di maggior qualità, e una domanda più consapevole delle possibili soluzioni tecnologiche per migliorare comfort, efficienza e sostenibilità delle nostre abitazioni. La capacità di venirsi incontro di queste esigenze gioverà non solo all’economia, ma alla stessa percezione del mondo delle costruzioni da parte della cittadinanza.


L’incontro, nel quale hanno trovato spazio quindi temi di carattere generale come la cultura di impresa, il ruolo della rappresentanza nel rinnovato e articolato quadro contrattuale del settore, i nuovi driver del mercato, è stato chiuso da una lectio magistralis di Jeremy Rifkin, saggista autore di importanti opere come La Terza rivoluzione industriale e La società a costo marginale zero. Nel suo intervento, Rifkin ha esposto gli elementi cardine della sua analisi, a partire dalla chiusura del ciclo economico espansivo iniziato all’inizio del XX secolo e dal quadro, decisamente catastrofico, dell’abuso di risorse energetiche non rinnovabili e inquinanti. Rifkin ha posto l’accento sulla necessità di costruire una nuova “piattaforma” basata sulla convergenza di tecnologie di comunicazione, di trasporto e alimentata da risorse energetiche rinnovabili. Il ruolo della rete, sostiene Rifkin, è strategico e va allargato oltre lo scambio di dati: il cosiddetto “internet delle cose” rappresenta non solo una frontiera produttiva, ma anche un rinnovato paradigma culturale, basato sullo scambio come cardine della libertà per come la vedono le nuove generazioni. Non più possesso esclusivo, ma capacità di costruire rete e nodi di scambio. E veri e propri nodi possono diventare le nostre abitazioni che vanno ripensate come mini-impianti di produzione energetica, grazie al protagonismo che devono assumere le fonti solare, eolica e geotermica, hub per la mobilità e centri di comunicazione e scambio. Se è vero che una così profonda riconversione industriale e produttiva è un traguardo difficile da immaginare quando ancora si cerca di uscire dal pantano di una crisi a dir poco disastrosa, Rifkin ha infuso fiducia nelle capacità del nostro Paese di rilanciarsi, a partire dal suo eccezionale patrimonio di creatività. Non è solo un’esigenza del mercato, ma dell’intero ecosistema e dei cittadini. Come sostenuto nelle ultime battute del suo intervento, le previsioni vanno via via peggiorando: i tempi per evitare un collasso ancora più traumatico si sono radicalmente ristretti e agire è diventata un’opzione non rimandabile. (Civiltà di cantiere)


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